Pubblichiamo di seguito la sintesi della lezione tenuta alla scuola di formazione politica e cittadinanza attiva dalla prof.ssa avv. Valentina Di Gregorio

mediazione

Nelle società di ogni luogo e periodo storico il conflitto è parte della vita: il conflitto esprime generalmente il cambiamento e il dinamismo di una comunità e la sua tensione nel procurarsi le risorse materiali e i beni necessari per la sopravvivenza.

Le società moderne si basano su sistemi giuridici che risolvono le controversie con norme generali e astratte preesistenti ai conflitti, ma le istituzioni e il sistema giuridico talora non riescono a garantire un intervento efficace e rapido, né danno garanzia sufficiente dell’erogazione di quelle risorse la cui mancanza genera le tensioni sociali.

La crisi attraversata oggi dai sistemi di giustizia tradizionali e il superamento della supremazia di una sola posizione a favore di modalità condivise di soddisfazione degli interessi contrapposti rispondono ad un’esigenza sociale e di regolazione dei rapporti che tiene conto dei rapidi mutamenti della società contemporanea, riconoscendo valore a nuovi principi e idee.

In questo quadro, gli strumenti conciliativi rappresentano un’importante opportunità di gestione e soluzione del conflitto: una politica di welfare che punti sulle risorse del ricorso ad un metodo «creativo», attraverso modelli di conciliazione o di mediazione ripristinatori del dialogo tra le parti e di pacificazione tra i cittadini, alla ricerca di una soluzione al di là della contrapposizione tra torti e ragioni, risponde alla necessità di rimuovere il pericoli di amplificazione e di reiterazione della sofferenza e dei disagi delle persone.

Il lavoro di mediazione consente di ritrovare una soluzione equilibrata in vari campi: in ambito civile e commerciale, familiare, scolastico, penale, lavorativo. In particolare, nelle crisi familiari, il mediatore, terzo neutrale, dotato di una preparazione specifica, accompagna le famiglie nelle trasformazioni cui va incontro il nucleo originario ed opera efficacemente nell’offrire una soluzione concordata idonea a soddisfare le esigenze del gruppo e gli interessi dei singoli che ne fanno parte, non «decidendo», ma «aiutando» le persone a trovare un accordo, senza sostituirsi al giudice, né all’avvocato, né al consulente.

La crescente valorizzazione dell’approccio mediativo, da tempo adottato come soluzione concordata nei conflitti sociali, si inserisce in un percorso avviato nella seconda metà del Novecento nell’esperienza nordamericana e progressivamente consolidatosi verso la fine del secolo scorso in Europa, ove la politiche comunitarie hannio promosso iniziative volte a introdurre sistemi di risoluzione alternativa delle controversie attuati, ad esempio, con la direttiva 2008/52/CE sulla mediazione transfrontaliera, fonte del d.lgs. 4.3.2010, n. 28, sulla mediazione finalizzata alla conciliazione nelle controversie civili e commerciali e con la direttiva sulla risoluzione extragiudiziale delle controversie con i consumatori 2013/11/UE che ha dato origine al d.lgs. 6.8.2015, n. 130, sulla risoluzione extragiudiziale delle controversie tra i consumatori. In questo quadro ha assunto un ruolo fondamentale anche il d.l. 12 settembre 2014, n. 132, che ha introdotto la negoziazione assistita.

La mediazione familiare è espressamente contemplata dal legislatore italiano nell’art. 342 ter del codice civile sulla protezione contro gli abusi familiari, nell’art.337 octies del codice civile sull’ascolto del minore, nella legge 28.8.1997, n. 285, (Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l’infanzia e l’adolescenza) che attribuisce un sostegno alla famiglia nel contrasto della povertà e della violenza, attraverso «servizi di mediazione familiare e di consulenza per famiglie e minori al fine del superamento delle difficoltà relazionali», come anche nella già citata legge n. 162/2014 sulla negoziazione assistita.

Esistono diversi modelli di mediazione, ma tutte le tecniche si basano fondamentalmente sulla valorizzazione dell’autodeterminazione e della capacità dei soggetti di gestire le vicende della propria vita e di sfruttare le risorse presenti in ciascuna delle parti (Empowerment), prefiggendosi la finalità restituire alla persona il senso di dignità e di rispetto che nel processo di disgregazione della famiglia spesso si perde o viene calpestato.

Le varie tipologie di mediazione, finalizzate al ripristino del canale di comunicazione interrotto a causa dell’evento critico della separazione o del divorzio e alla ricostruzione di un diverso rapporto tra i membri della coppia che consenta l’esercizio della funzione genitoriale, sono caratterizzate dalla natura facilitativa e di problem solving del processo negoziale in cui le soluzioni non sono suggerite dal mediatore, ma raggiunte dalle parti.

Il processo di rinegoziazione delle relazioni familiari si articola in una serie di fasi che vanno dall’ammissione del problema, alla raccolta dei dati e alla definizione congiunta delle questioni che dividono le persone attraverso la comprensione dei loro bisogni, fino alla creazione di opzioni con ridefinizione delle posizioni iniziali, alla contrattazione e alla stesura dell’accordo.

In un momento storico in cui le famiglie sono tormentate da incertezze e pressioni legate a perturbazioni economiche e sociali, devono essere incentivate le tecniche fondate su un approccio che ripristini il processo comunicativo interrotto, favorendo l’adattamento alla nuova situazione, con l’aiuto di professionisti formati ad hoc, terapeuti, mediatori familiari, sfruttando quella che viene definita la «resilienza familiare».

I benefici per le famiglie che si ottengono sul piano del rafforzamento della responsabilità dei genitori nei processi decisionali che li riguardano emergono nettamente non solo dalla riduzione della delega al giudice – cui si ascrive il difetto di far parte di un sistema di giustizia incapace di garantire una ragionevole durata del processo e costi accessibili – ma anche dal ritrovamento di un accordo idoneo a durare nel tempo e dagli effetti positivi in termini di eliminazione del conflitto tra i membri della famiglia e di risparmio per la collettività. Tali benefici potrebbero essere incrementati se la figura del mediatore familiare venisse potenziata sul territorio attraverso buone politiche sociali presso gli enti pubblici e i distretti socio-sanitari che, nell’operare sul tessuto sociale, potrebbero contribuire a ridurre il ricorso alla giustizia, con indubbi vantaggi sul piano dell’instaurazione e del mantenimento di rapporti pacifici tra le persone e su quello del risparmio sociale.

Autore

  • Valentina Di Gregorio

    Avvocato e Professore associato di Diritto Pubblico presso il Dipartimento di giurisprudenza dell’Università di Genova. Specializzatasi in mediazione, sia nell’ambito civile e commerciale, sia nel campo delle telecomunicazioni, si occupa dal 2010 della formazione dei mediatori civili e commerciali tenendo corsi di formazione, specializzazione e aggiornamento per avvocati, medici e laureati triennali. È direttore scientifico del Corso di perfezionamento in Mediazione familiare che si tiene presso l’Università di Genova.

    https://www.poliedri.it/docenti/valentina-di-gregorio/ Di Gregorio Valentina