È trascorso un mese dal 23 marzo 2021 quando la M/V Ever Given – una moderna nave carica di circa 20.000 containers e lunga 400 metri – si è incagliata tra una sponda e l’altra del canale di Suez ed ha improvvisamente fatto riscoprire al mondo la centralità dei traffici marittimi.

Nel giro di pochi giorni l’attenzione di tutti si è concentrata su Suez. Dapprima lo sguardo degli operatori dello shipping, con il passare delle ore quello di tutti i media, del grande pubblico.

Iconica l’immagine – rimbalzata su tutti i social network – dell’escavatore immortalato nell’improbo tentativo di liberare l’enorme prua della nave dalla sabbia dell’argine. Le sorti dell’economia globale affidate al lavoro di un caterpillar.

Poliedri è una scuola di formazione politica e cittadinanza attiva e non è certo questo il luogo per approfondire gli aspetti tecnici e legali dell’incidente, peraltro assai complessi e facilmente destinati ad appassionare gli addetti ai lavori per molti anni a venire.

Questo incidente dà però l’occasione per approfondire qualche argomento che impatta ed in futuro potrebbe impattare sempre più sulle nostre vite, di individui e di collettività.

Nel commentare un fatto così particolare ci avvantaggiamo del nostro punto di osservazione. Genova, uno dei principali porti del Mediterraneo. Un luogo per costituzione rivolto al mare e portato a considerare il mare quale dimensione presente nella quotidianità. Per molti fonte di lavoro.

L’importanza dei traffici marittimi

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Un primo spunto riguarda proprio l’importanza dei traffici marittimi. Un argomento strategico che non viene percepito come tale. Il caso della Ever Given è servito per ricordare a tutti che pochi giorni di blocco di un’arteria di comunicazione marittima globale sono sufficienti per determinare effetti economici dirompenti. Basti pensare che la rata di noleggio giornaliero di una nave si aggira nell’ordine delle migliaia / decine di migliaia di dollari al giorno in funzione della tipologia e della dimensione della nave. E nei giorni di blocco di Suez sono state centinaia le navi che si sono “accodate” ai due estremi del canale.

Ogni nave ha un suo carico ed ogni carico ha un destinatario in attesa di ricevere le più svariate merci destinate a viaggiare per mare: petrolio, gas, materie prime, semilavorati, prodotti finiti, merci deperibili in container frigo… A bordo della Ever Given in questo momento ci sono circa 20.000 containers che l’Autorità del Canale ha sequestrato per ottenere il pagamento di un risarcimento miliardario (nella richiesta). Per ognuno di quei container c’è un’azienda europea in attesa di ricevere componenti, macchinari, prodotti …

Il 90% delle merci nel mondo viaggia per mare, quasi tutto ciò che è intorno a noi è stato trasportato, almeno in una sua componente da una nave. I traffici marittimi sono fondamentali e lo sono ancora di più per un Paese come il nostro: una penisola (con tante isole intorno) quasi priva di materie prime. Un’economia trasformatrice ed esportatrice. Per ovvie ragioni una meta ambitissima dal business delle crociere.

L’Italia è baricentrica se c’è Suez

Da un punto di vista geografico l’Italia gode di una posizione eccezionale. Una penisola al centro del Mediterraneo, potenzialmente la porta d’accesso ai mercati del Centro / Nord Europa. Venezia e Trieste da una parte (a servizio dei Paesi del Centro – Est europeo), i porti dell’alto Tirreno dall’altra (finalmente capaci di raggiungere i mercati della Svizzera e del Nord Europa). Da questo punto di vista Genova si avvantaggia di un dato meramente geografico. Essere posizionata nel punto più a Nord che possa essere raggiunto da una nave in navigazione dal Mediterraneo orientale verso Gibilterra senza deviazioni.

Il vantaggio competitivo è intuitivo: un carico destinato alla Svizzera o alla Germania potrebbe risparmiare molto tempo se scaricato a Genova e fatto proseguire su treno verso la destinazione finale. Perché una nave impiega diversi giorni per navigare dal Mar Tirreno a Gibilterra e proseguire fino ad un porto del Nord Europa. E questo risparmio di tempi e di miglia percorse a bordo di una nave dovrebbe tradursi in una minore impronta ambientale del trasporto.

Argomentazione plausibile e fondata, argomentazione che legittima la centralità del Mediterraneo e dell’Italia (centralità ancora tutta da conquistare). Argomentazione che muove però da un assunto: che la nave di cui si discute arrivi da Suez o faccia rotta verso l’oriente passando da Suez.

E se il Mediterraneo perdesse centralità?

Non si tratta di un assunto da dare per scontato.

Oggi la gran parte dei traffici dal Far East verso l’Europa e viceversa – quale che sia la destinazione in Europa – transita da Suez, evitando così 7/10 giorni di navigazione aggiuntiva necessari per percorrere il periplo dell’Africa.

Ma non è affatto un caso che negli stessi giorni in cui la Ever Given bloccava il canale di Suez Vladimir Putin abbia approfittato della visibilità del momento per propagandare la rotta artica quale futura direttrice dei traffici mondiali. Ovviamente prospettata quale autostrada del mare made in Russia.

Ad oggi non si tratta di una alternativa facilmente percorribile solo se si pensa che l’Artico – fortunatamente – è ghiacciato per larga parte dell’anno e solo navi dotate di caratteristiche tecniche e dotazioni speciali sono abilitate alla navigazione artica. Nell’immediato non è neppure immaginabile che una nave convenzionale consideri la rotta artica come un’alternativa fungibile rispetto alla rotta tradizionale Far East – Europa via Suez.

Fortunatamente alcune fra le più grandi compagnie armatoriali del settore container si sono già manifestate contrarie alla rotta artica, motivate dall’urgenza di preservare un ecosistema delicatissimo. Rimane il fatto che la rotta artica dalla Cina al Nord Europa comporta un enorme risparmio di miglia rispetto alla rotta via Suez e molto probabilmente nei prossimi anni – complice il riscaldamento climatico –assisteremo ad una crescente attenzione al tema.

Nel medio periodo un’ulteriore variabile suscettibile di ridimensionare la centralità di Suez è il progressivo affermarsi del traffico merci su ferrovia anche sulle lunghe distanze. Per quanto sia difficile immaginare che gli enormi volumi trasportati sulla rotta Far East Europa a mezzo nave possano mai trasferirsi in quote significative su ferro è pur vero che i treni Europa – Cina rappresentano una realtà consolidata ed in crescita.

Il gigantismo navale

Un ultimo argomento che viene ampiamente dibattuto a seguito dell’incidente della Ever Given a Suez riguarda il fenomeno del gigantismo navale.

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Negli ultimi decenni le compagnie di trasporto container hanno intrapreso una costante rincorsa a costruire navi sempre più grandi, con l’obiettivo di conseguire economie di scala. Ricordo la progressione percepita leggendo i titoli di giornale dei giornali di settore: se all’inizio degli anni ’90 l’asticella veniva fissata a massimo 5.000 container per nave, dieci anni dopo il limite era posto ad un valore doppio: 10.000 container per nave. Poi 12.500, quindi 18.000 (tra il 2006 ed il 2014). Oggi 24.000.

Evidentemente all’aumento della capacità delle navi si è accompagnato un aumento delle loro dimensioni.

L’aumento di capacità e dimensioni porta con sé ulteriori economie di scala ma anche non trascurabili esternalità negative. Ad esempio la gran parte dei porti non sono stati concepiti per ospitare navi di 400 metri. E realizzare nuovi porti parametrati alle dimensioni delle navi più grandi costa assai. Sotto un diverso profilo lo scalo di una nave da decine di migliaia di container comporta enormi picchi di lavoro, ma anche di congestione di traffici e di dati. Fenomeni complessi da gestire a tutti i livelli: logistica, mobilità, infrastrutture di supporto ai porti, organizzazione del lavoro…

Non ultimo una nave lunga 400 metri, alta come un palazzo, contraddistinta da una stazza e da una superficie velica enorme rappresenta un oggetto estremamente delicato da gestire nell’ambito di un’attività – la navigazione – sempre contraddistinta da innumerevoli variabili e pericoli (condizioni meteomarine, efficienza tecnica del mezzo, fattore umano…).

Pare che il trend del gigantismo navale non veda ancora la sua fine, neppure a seguito del recente evento di Suez, ma viene da domandarsi quando le economie di scala non saranno più tali da giustificare le esternalità negative.

Non mi azzardo a valutare la rilevanza statistica del caso della Ever Given, lungi da me addentrami in tale ambito. Fa però un certo effetto che una nave relativamente nuova si sia resa protagonista di un incidente che ha avuto effetti non trascurabili sull’economia globale.

Viene da domandarsi: quante navi di quelle dimensioni sono operative? Quante lo saranno nel medio periodo? E qual è la probabilità che un evento del genere si ripeta, a Suez o in un altro luogo cruciale per i traffici marittimi globali?

Di certo si tratta di episodi che il mondo non può permettersi diventino ricorrenti.

Autore

  • Lorenzo Pellerano

    Avvocato, ha conseguito la laurea triennale in giurisprudenza presso l’Università di Genova e la laurea magistrale presso l’Università Statale di Milano. Ha svolto periodi di formazione professionale presso due studi legali di Londra, dove si è occupato principalmente di finanziamenti navali e di controversie marittime. Dal 2017 è socio dello studio Berlingieri Maresca, specializzato in diritto marittimo, dei trasporti e del commercio internazionale. È membro dell’Associazione Italiana di Diritto Marittimo, ha pubblicato alcune note sulla rivista Il Diritto Marittimo ed interviene regolarmente quale relatore in seminari e convegni. Dal 2007 al 2012 è stato Consigliere del Municipio Centro Est del Comune di Genova, nella legislatura 2010-2015 Consigliere della Regione Liguria. È socio fondatore e tutor dell'associazione Poliedri.

    Pellerano Lorenzo