Martedì 10 luglio, presso la Sala Camino del Palazzo Ducale, a Genova, si è tenuto il terzo e ultimo incontro di presentazione della Scuola di politica e cittadinanza attiva, organizzata dall’associazione “Poliedri”, che partirà il prossimo autunno. Il progetto di formazione (descritto in modo più approfondito sul sito www.poliedri.it) è aperto a giovani (fino ai 35 anni) e meno giovani. I primi sono i destinatari “privilegiati” del corso e, oltre ad assistere alle lezioni frontali, verranno coinvolti in laboratori e approfondimenti specifici sotto la guida dei docenti e tutor. I “seniores”, invece, potranno assistere alle lezioni magistrali. Il corso ha recentemente ricevuto anche il patrocinio del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Genova. Sarà possibile iscriversi fino al 10 settembre 2018.
L’incontro del dieci luglio è stato caratterizzato dalla lezione tenuta dalla Prof.ssa Ilaria Queirolo, ordinario di diritto internazionale e diritto dell’Unione europea dell’Università di Genova, sul tema “Unione europea ad una svolta: fine o rilancio?”. La docente, con grande capacità comunicativa, ha saputo coinvolgere il pubblico presente ricostruendo sinteticamente le tappe che hanno condotto alla nascita dell’Ue, evidenziandone altresì gli obiettivi iniziali (in primo luogo la volontà di scongiurare una nuova guerra), i grandi meriti a livello economico e giuridico e le peculiarità.
Sono poi state richiamate le priorità individuate dall’Ue per il 2018, sottolineando che fra esse rientrano temi quali l’uguaglianza, il ruolo della donna e quello dei giovani (che risultano essere poco attivi e partecipativi). E’ emerso anche che attualmente il più grande problema europeo (dopo il terrorismo) è dato dal deficit di comunicazione e dalla distanza (in realtà solo percepita) fra istituzioni europee e cittadini.
Per quanto concerne la crisi che negli ultimi anni sta toccando l’Ue viene osservato che ciò che sta accadendo con la Brexit evidenzia quanto il diritto e le politiche europee siano ormai parte integrante degli ordinamenti nazionali, così che un’eventuale uscita dall’Unione avrebbe conseguenze pesantissime e destabilizzanti non solo sul sistema normativo tout court considerato, ma anche a livello bancario, finanziario, educativo, ecc. del Paese uscente. Da altri dati, invece, si evince quanto poco si sappia, a livello informativo di base, rispetto al funzionamento delle istituzioni stesse: un esempio in questo senso è dato dal fatto che l’Ue – che viene spesso descritta come un ente che esige grosse somme dai Paesi membri e che impone politiche che danneggiano fortemente l’Italia – ottiene il grosso dei propri finanziamenti dai dazi doganali in entrata, imposti agli Stati extracomunitari, e che i membri italiani del Parlamento europeo sono quelli che “brillano” per il più alto tasso di assenteismo (inutile dire che all’assenza parlamentare corrisponde una proporzionale incapacità di incidere sulle politiche ivi predisposte).
Ciò che in definitiva è emerso con chiarezza dalle parole della docente, è il problema della rappresentazione dell’Ue, giacché esiste una forte discrasia fra ciò che l’ente sovranazionale è e fa, e ciò che sembra fare nell’immaginario comune, formatosi attraverso le dichiarazioni rilasciate dalla stampa e dai politici nazionali.
I presenti hanno dato mostra dell’interesse e dell’attualità che riveste il tema affrontato rivolgendo alla docente molte domande, che hanno toccato i temi più diversi; fra questi si possono ricordare il c.d. deficit democratico delle istituzioni, i diritti sociali, il lavoro e le sue condizioni, o ancora il rapporto fra progetto politico europeo unitario e strumenti di cooperazione fra i singoli ordinamenti nazionali.